Il cotto fatto a mano, non possiede la cosiddetta certificazione europea antigelività, la quale viene assegnata alle pavimentazioni che arrivano a restistere indenni a ben 100 cicli di gelo e disgelo. A differenza del “cugino”, il cotto industriale pressato a macchina, il cotto fatto a mano inizia infatti a perdere la propria resistenza a seguito del 50° ciclo di gelo e disgelo, dopo il quale esso comincia a mostrare piccole fenditure sulla propria superficie.
Nonostante questa caratteristica, il cotto fatto a mano è da sempre utilizzato come rivestimento da esterni (un esempio su tutti è rappresentato dai famosi tetti toscani, realizzati proprio in questo materiale) ed ha sempre mostrato una buona resistenza a fronte di particolari condizioni di freddo. Esso, infatti, messo in posa in pendenza minima, combatte le infiltrazioni e risulta un ottimo alleato contro le temperature più fredde anche all’esterno.
Il cotto fatto a mano è un particolare tipo di rivestimento, non facilmente asservibile alle logiche di mercato e quindi difficilmente disponibile in commercio. Realizzare il cotto fatto a mano è un’impresa non semplice, che affonda le proprie radici in tempi molto antichi. La prima azione da compiere per la sua realizzazione è l’accensione del forno per la cottura, per la quale erano impiegate circa 7000kg di fascine di legna. Il forno si compone di due piani: al “piano terra” troviamo la camera di combustione, nella quale vienne acceso il fuoco che provvederà poi a far dilatare l’intera struttura del forno; al “piano di sopra”, invece, si può scorgere una stanza collegata con delle fessure al forno sottostante, nel quale vengono riposte mattonelle, vasi e altri oggetti. Attraverso queste fessure, le fiamme abbracciano il vasellame da cuocere, portandolo alla giusta temperatura. Una volta inseriti nella stanza i vari elementi in argilla, viene murata la porta di ingresso per 3 giorni; la temperatura nel forno tende a salire, per poi fermarsi su una sorta di breve stabilità per poi scendere nuovamente. L’atto della cottura prevede perciò un tempo estremamente lungo, che arriva fino ad 8 giorni.
Nonostante si tratti di un procedimento difficilmente asservibile alle logiche del mercato moderno, la Maro Cristiani sostiene l’acquisizione di queste tecniche di cottura a legna per il proprio staff tecnico; la nostra azienda realizza per questo motivo un cotto fatto a mano tenendo conto delle più antiche tradizioni, dando vita ogni giorno a prodotti unici per soggetto, forma, dimensione e sfumature. In questo modo potremo offrirvi un pavimento in cotto unico nel suo genere, dal sapore antico della tradizione.
Se avete acquistato un pavimento in cotto, probabilmente la vostra scelta sarà stata motivata dal sapore d’antico che questo genere di rivestimento possiede rispetto ad ogni altro. Esistono pertanto i giusti trattamenti che tenderanno a salvaguardare proprio questa sua caratteristica: non prodotti chimici moderni ma prodotti naturali come la cera d’api e l’olio di lino crudo puro.
Si può effettuare il trattamento sul proprio pavimento in cotto in diversi momenti:
– dopo che il prodotto è stato messo in posa, dopo aver atteso che il legante sia giunto al termine del proprio ciclo di indurimento. Prima di passare alla stuccatura, è possibile procedere con una mano di cera oppure di olio di lino puro crudo;
– a seguito dell’indurimento della sabbia o del cemento utilizzati per stuccare la pavimentazione, è necessario lavare la pavimentazione con acido muriatico o cloridrico diluito in acqua da 10% al 30% e poi risciacquare bene con acqua pura. Dovremo attendere ancora tra i 7 ed i 15 giorni (in base al clima più o meno umido cui è esposta la pavimentazione) perché il pavimento sia ben asciutto e si possa così procedere con il trattamento a base di cera d’api oppure olio di lino puro crudo. Possiamo arrivare fino a 3 mani di olio o di cera d’api, a patto però che tra una mano e l’altra il pavimento sia sempre ben asciutto;
– il trattamento, infine, è ripetibile orientativamente dall’anno successivo, a seconda di quanto il pavimento è stato soggetto ad usura;
– dal primo anno in poi è come se si assistesse alla cristallizzazione del trattamento; ciò quindi ci permetterà di ripeterlo con molta meno frequenza.
A questo punto, dando per assodato che per il nostro cotto fatto a mano necessita di prodotti naturali per il suo trattamento, potremmo domandarci quale dei due prodotti proposti (olio di lino puro crudo e cera d’api) sia il migliore. In realtà sono ambedue molto validi, pur presentando piccole differenze:
l’olio di lino rende lievemente più scura la pavimentazione su cui viene applicato;
l’olio di lino è valido indifferentemente per interni ed esterni, perché arriva in profondità nella struttura del materiale, rendendolo antiscivolo. La cera d’api, di contro, è più adatta agli interni, perché la paraffina presente nella cera forma una patina sulla pavimentazione che non la rende antiscivolo;
il prezzo, infine, è un aspetto importante da valutare nel confronto tra i due elementi naturali impiegati per il trattamento del cotto: un barattolo da 20kg di Cera d’api Ambrosoli ha un costo di € 141,60, e ne va utilizzata la quantità di 200gr/mq; l’olio di lino, che va impiegato in quantità di 150gr/mq, ha invece un prezzo al litro di circa € 9,60.