FAQ cotto

Il cotto fatto a mano viene usurato dalle temperature molto basse?

Il cotto fatto a mano, non possiede la cosiddetta certificazione europea antigelività, la quale viene assegnata alle pavimentazioni che arrivano a restistere indenni a ben 100 cicli di gelo e disgelo. A differenza del “cugino”, il cotto industriale pressato a macchina, il cotto fatto a mano inizia infatti a perdere la propria resistenza a seguito del 50° ciclo di gelo e disgelo, dopo il quale esso comincia a mostrare piccole fenditure sulla propria superficie.

Nonostante questa caratteristica, il cotto fatto a mano è da sempre utilizzato come rivestimento da esterni (un esempio su tutti è rappresentato dai famosi tetti toscani, realizzati proprio in questo materiale) ed ha sempre mostrato una buona resistenza a fronte di particolari condizioni di freddo. Esso, infatti, messo in posa in pendenza minima, combatte le infiltrazioni e risulta un ottimo alleato contro le temperature più fredde anche all’esterno.

Che cos’è il “cotto fatto a mano”?

 

Il cotto fatto a mano è un particolare tipo di rivestimento, non facilmente asservibile alle logiche di mercato e quindi difficilmente disponibile in commercio. Realizzare il cotto fatto a mano è un’impresa non semplice, che affonda le proprie radici in tempi molto antichi. La prima azione da compiere per la sua realizzazione è l’accensione del forno per la cottura, per la quale erano impiegate circa 7000kg di fascine di legna. Il forno si compone di due piani: al “piano terra” troviamo la camera di combustione, nella quale vienne acceso il fuoco che provvederà poi a far dilatare l’intera struttura del forno; al “piano di sopra”, invece, si può scorgere una stanza collegata con delle fessure al forno sottostante, nel quale vengono riposte mattonelle, vasi e altri oggetti. Attraverso queste fessure, le fiamme abbracciano il vasellame da cuocere, portandolo alla giusta temperatura. Una volta inseriti nella stanza i vari elementi in argilla, viene murata la porta di ingresso per 3 giorni; la temperatura nel forno tende a salire, per poi fermarsi su una sorta di breve stabilità per poi scendere nuovamente. L’atto della cottura prevede perciò un tempo estremamente lungo, che arriva fino ad 8 giorni.

Nonostante si tratti di un procedimento difficilmente asservibile alle logiche del mercato moderno, la Maro Cristiani sostiene l’acquisizione di queste tecniche di cottura a legna per il proprio staff tecnico; la nostra azienda realizza per questo motivo un cotto fatto a mano tenendo conto delle più antiche tradizioni, dando vita ogni giorno a prodotti unici per soggetto, forma, dimensione e sfumature. In questo modo potremo offrirvi un pavimento in cotto unico nel suo genere, dal sapore antico della tradizione.

Qual è il trattamento perfetto per il mio pavimento di cotto fatto a mano?

 

Se avete acquistato un pavimento in cotto, probabilmente la vostra scelta sarà stata motivata dal sapore d’antico che questo genere di rivestimento possiede rispetto ad ogni altro. Esistono pertanto i giusti trattamenti che tenderanno a salvaguardare proprio questa sua caratteristica: non prodotti chimici moderni ma prodotti naturali come la cera d’api e l’olio di lino crudo puro.

Si può effettuare il trattamento sul proprio pavimento in cotto in diversi momenti:

– dopo che il prodotto è stato messo in posa, dopo aver atteso che il legante sia giunto al termine del proprio ciclo di indurimento. Prima di passare alla stuccatura, è possibile procedere con una mano di cera oppure di olio di lino puro crudo;

– a seguito dell’indurimento della sabbia o del cemento utilizzati per stuccare la pavimentazione, è necessario lavare la pavimentazione con acido muriatico o cloridrico diluito in acqua da 10% al 30% e poi risciacquare bene con acqua pura. Dovremo attendere ancora tra i 7 ed i 15 giorni (in base al clima più o meno umido cui è esposta la pavimentazione) perché il pavimento sia ben asciutto e si possa così procedere con il trattamento a base di cera d’api oppure olio di lino puro crudo. Possiamo arrivare fino a 3 mani di olio o di cera d’api, a patto però che tra una mano e l’altra il pavimento sia sempre ben asciutto;

– il trattamento, infine, è ripetibile orientativamente dall’anno successivo, a seconda di quanto il pavimento è stato soggetto ad usura;

– dal primo anno in poi è come se si assistesse alla cristallizzazione del trattamento; ciò quindi ci permetterà di ripeterlo con molta meno frequenza.

Meglio olio o cera per il trattamento del cotto?

 

A questo punto, dando per assodato che per il nostro cotto fatto a mano necessita di prodotti naturali per il suo trattamento, potremmo domandarci quale dei due prodotti proposti (olio di lino puro crudo e cera d’api) sia il migliore. In realtà sono ambedue molto validi, pur presentando piccole differenze:

  • l’olio di lino rende lievemente più scura la pavimentazione su cui viene applicato;

  • l’olio di lino è valido indifferentemente per interni ed esterni, perché arriva in profondità nella struttura del materiale, rendendolo antiscivolo. La cera d’api, di contro, è più adatta agli interni, perché la paraffina presente nella cera forma una patina sulla pavimentazione che non la rende antiscivolo;

  • il prezzo, infine, è un aspetto importante da valutare nel confronto tra i due elementi naturali impiegati per il trattamento del cotto: un barattolo da 20kg di Cera d’api Ambrosoli ha un costo di € 141,60, e ne va utilizzata la quantità di 200gr/mq; l’olio di lino, che va impiegato in quantità di 150gr/mq, ha invece un prezzo al litro di circa € 9,60.